Julio Velasco al clinic CSI

Julio Velasco al clinic CSI

La sera del 31 gennaio 2017 una nutrita rappresentanza di allenatori dell’Ascot ha partecipato al clinic di aggiornamento del CSI Milano tenuto da un ospite di eccezione: Julio Velasco, allenatore della nazionale italiana dall’89 al 96, vincitore di 5 world cup, 2 mondiali, 3 europei, 1 argento olimpico (finale persa 3 a 2 contro l’Olanda, sigh!), 4 campionati italiani, 4 argentini ecc ecc…

Di seguito alcuni spunti presi da Francesca Cossa, che da buona secchiona ha preso appunti, al contrario del trio di allenatori presenti (Gianluca, Paolo e Massimo), che comunque avranno evitato l’abbiocco visto il livello del relatore (almeno speriamo…)

Grazie alla tv sport e sportivi sono conosciuti da tutti. E questo modifica i pensieri, perché sembra che fare sport sia solo per arrivare là in alto. Per tanti genitori il sogno è avere il figlio campione! E dicono al proprio figlio “sei il migliore!”, e nella vita invece poi avrà difficoltà, capi di lavoro… Si sta perdendo di vista qual è il vero valore di fare sport. E’ in fondo un po’ come imparare a scrivere, non lo si fa per scrivere un best seller…

Domanda: perché, oltre all’aspetto culturale, fisico e legato alla salute è importante la pratica sportiva?
Perché lo sport allena emozione e ragione!!! Per esempio se vediamo un bimbo piangere perché ha perso una partita non va bene… va benissimo!
Perché tra le cose che lo sport insegna ci sono:
1. vittoria e/o sconfitta (e chi vince non è il migliore in assoluto, ma è stato più bravo in quella partita, ma domani ce ne sarà un’altra, e poi un’altra ancora…)
2. impegno a combattere, ma senza odiare l’avversario
3. educazione a saper competere (es: fallo di mano a calcio è fallo per tutti, sia per un bullo sia per chi solitamente subisce)

Passando alla figura degli allenatori:

Dobbiamo trasmettere VALORI, ma senza parlarne e basta, dal momento che i bambini di parole ne sentono già fin troppe. Lo sport aiuta, permette di trasmettere i valori praticandolo, con l’esperienza e l’osservazione diretta! Sta a noi allenatori far convivere il più forte e il più debole!
Prima di parlare di squadra e di gruppi, noi parliamo con persone!!! Dobbiamo valorizzare le diversità, visto che ogni atleta è diverso, e se noi vogliamo educare, dobbiamo capire come è fatta quella persona! Chi c’è dietro a quei pantaloncini e maglietta!

E’ perciò importante capire quali valori ci sono nella nostra proposta sportiva.
In particolare negli sport di squadra i limiti individuali si nascondono nelle dinamiche di gruppo dove si può dimostrare che giocare insieme conviene perché ci si diverte, si cresce e si condividono gioie e dolori, mentre negli sport individuali la persona deve essere brava a competere con se stessa.
Nel primo caso (sport di squadra) la forza di uno e la debolezza di un altro, si completano e rendono forti come squadra! Mentre, viceversa in quelli individuali, si impara a lottare per superarsi e migliorare con l’impegno costante e la ricerca di superare i propri limiti ed alzare l’asticella.

Il ruolo dell’educatore/allenatore è quello di SEMPLIFICARE: se noi vogliamo aiutare un bambino che fa sport dobbiamo fornirgli una proposta facile e ripetuta tante volte. Perché è il miglior modo di insegnare. Come un bimbo che per imparare a camminare ci prova mille volte. Il linguaggio dello sport è basato sulle immagini, che veicolano la maggior parte dell’apprendimento motorio (si pensi ai fratelli, ai genitori, alla televisione ecc.).
Il nostro ruolo è centrale… Ma non troppo. Perché spesso troppo potere (noi comandiamo, noi sappiamo tutto……) non porta a buone conseguenze. Attraverso di me, loro devono imparare da sé il più possibile. Perché poi noi allenatori non facciamo nulla, sono loro che fanno. L’allenatore deve quindi far fare a loro, fare in modo che i gesti e le azioni siano interiorizzate e fatte proprie dagli atleti. Spesso crediamo che loro non hanno capito.  Ma la verità è che noi dobbiamo aiutarli a fare! La metodologia corretta è: “Poche cose, e semplici”!

Miglior allenatore non è chi sa tante cose, piuttosto chi ne sa poche, ma le sa far fare. Noi dobbiamo incentivare, creare situazione: il bambino percepisce e cerca/trova la soluzione.
Schematizzando, cosa succede nella testa di una persona quando gioca?
– situazione
– la percepisco?
– cervello apre file es: sto marcando ma non posso tirare es: alzata bassa vicino a rete
– e trova soluzione
– e poi la fa bene tecnicamente

Se si conosce il gioco, si può trovare le soluzioni giuste! Giocando!!! E allenandosi! Nella percezione e nella elaborazione c’è un filtro in ognuno di noi, per focalizzarci su ciò che ci interessa di più nella miriade di stimoli che ci sono. La base dell’apprendimento motorio è la seguente: feedback positivo: continuo; feedback negativo: trovo un altro modo, finché ci riesco. Soprattutto gli allenatori devono sembrare giusti perché i nostri giocatori ci possono vedere esigenti, duri, ma mai come ingiusti! Noi dobbiamo pensare sempre a come ci percepiscono, e se ci sono eccezioni da fare, è meglio farlo in modo esplicito, in modo che non sia più ingiusto; dobbiamo usare lo sport per questo; se facciamo/diciamo solo cose che possono fare i genitori i preti o i maestri…abbiamo perso una grande occasione. Dobbiamo creare abitudini: un allenatore non deve dire che bisogna sacrificarsi, ma invece senza dirlo, deve creare abitudini a fare certe cose e deve farlo in modo divertente. Ma attenzione, questo non significa ridere, divertirsi significa riuscire. Per riuscire l’allenatore deve variare, creare situazioni molto simili al gioco. Dare proposte concrete e non solo esortazioni, allo scopo di far trovare le giuste soluzioni agli atleti. Non bisogna parlare di sacrificio, ma i bambini devono capirlo facendolo e non perché glielo dice l’allenatore.

Per quanto riguarda il rapporto con i genitori dei nostri ragazzi noi allenatori nel campo sportivo dobbiamo prendere l’iniziativa e non lasciarla a loro, che già hanno l’ambito familiare a cui pensare; dobbiamo creare una sinergia con loro, ma improntata ai nostri valori nel momento in cui si pratica attività sportiva. Da un punto di vista pratico ad esempio noi allenatori dobbiamo fare una riunione a inizio anno in cui stringiamo un patto nell’interesse dei bambini (atleti), o almeno provarci.

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